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Lauree abilitanti: le proposte di emendamenti dell’ASSURB

Come avevamo già scritto a dicembre 2020 in un nostro articolo qui sul sito web dell’ASSURB, attualmente è in discussione un disegno di legge (DdL) per rendere talune lauree — tra cui la nostra — abilitanti all’esercizio della professione, senza più sostenere un esame di Stato dopo la laurea.  Il DdL, di iniziativa governativa, era stato presentato alla Camera dei deputati il 27 ottobre 2020. Dopo un primo breve passaggio in Commissione Bilancio il 25 novembre, il vero esame nelle commissioni parlamentari è iniziato nella primavera 2021. Le commissioni Cultura e Giustizia — commissioni “referenti”, vale a dire quelle a cui è stato affidato il compito principale dell’esame — si sono riunite due volte ad aprile, limitandosi a decidere a quali soggetti portatori d’interesse chiedere specifici contributi scritti.  Anche all’ASSURB è stato chiesto un contributo scritto, che è stato inviato alle due commissioni referenti il 30 aprile e che consisteva in un corposo emendamento e una relazione illustrativa delle criticità rilevate e delle soluzioni proposte.  L’esame è poi proseguito nel corso di ulteriori tre riunioni delle due commissioni, in seduta comune, il 15, 17 e 22 giugno, durante le quali sono stati valutati i contributi scritti pervenuti nonché gli emendamenti proposti. Diverse altre commissioni hanno espresso i propri pareri consultivi nello stesso periodo.  Il nostro emendamento è stato respinto. Ma riteniamo che alcune delle nostre segnalazioni abbiano comunque prodotto, seppur in modo lieve e non pienamente soddisfacente, un qualche effetto migliorativo, soprattutto per quanto riguarda il ruolo dei consigli nazionali degli ordini come unici soggetti deputati a proporre la trasformazione in abilitanti delle lauree per le quali attualmente è richiesto il superamento di uno specifico esame di Stato.  Il DdL è stato infine approvato dalla Camera dei deputati il 23 giugno 2021 e trasmesso al Senato per la seconda lettura.  Vi terremo aggiornati sugli ulteriori sviluppi.  Rendiamo ora disponibili una serie di documenti che possono essere una utile lettura per ricostruire l’iter del DdL intanto alla Camera dei deputati:  DdL C. 2751, prima versione del 27 ottobre 2020 e base di discussione nelle commissioni della Camera dei deputati; Relazione illustrativa degli emendamenti proposti dall’ASSURB il 30 aprile 2021; Articolato degli emendamenti proposti dall’ASSURB il 30 aprile 2021; DdL C. 2751-A, versione approvata dalle commissioni e trasmesse all’Assemblea il 18 giugno 2021; DdL C. 2751-A, versione approvata dalla Camera dei deputati e trasmessa al Senato della repubblica il 7 luglio 2021, dove è ora identificato dal numero S. 2305.

Come avevamo già scritto a dicembre 2020 in un nostro articolo qui sul sito web dell’ASSURB, attualmente è in discussione un disegno di legge (DdL) per rendere talune lauree — tra cui la nostra — abilitanti all’esercizio della professione, senza più sostenere un esame di Stato dopo la laurea.

Il DdL, di iniziativa governativa, era stato presentato alla Camera dei deputati il 27 ottobre 2020. Dopo un primo breve passaggio in Commissione Bilancio il 25 novembre, il vero esame nelle commissioni parlamentari è iniziato nella primavera 2021. Le commissioni Cultura e Giustizia — commissioni “referenti”, vale a dire quelle a cui è stato affidato il compito principale dell’esame — si sono riunite due volte ad aprile, limitandosi a decidere a quali soggetti portatori d’interesse chiedere specifici contributi scritti.

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Andrea Marçel Pidalà, “Alla ricerca dell’auto-sostenibilità”

Edito da FrancoAngeli nella collana Urbanistica. Sottotitolo: “Visioni e scenari per territorio e comunità”. Recensione di Alessandro Calzavara.  Definire cosa sia l’urbanistica appare (specialmente ai nostri giorni) una cosa ardua, perché parliamo di una merce rara, soffocata dalla produzione di piani che, per eterogenesi dei fini, diventano l’oggetto in cui il soggetto stesso svanisce. Si tratta di un meccanismo che si inquadra in quel processo di de-territorializzazione e ri-territorializzazione su cui A.M. Pidalà lavora nel suo “Alla ricerca dell’auto-sostenibilità – Visioni e scenari per territorio e comunità”, un meccanismo su cui sarebbe opportuna una più attenta riflessione. Come si comprende già dal titolo, si tratta di un lavoro complesso e composito, ricchissimo di materiali, valutazioni, riflessioni, con un importante apparato iconografico che (tutt’altro che di contorno) permette di cogliere l’importanza di una delle armi fondamentali della pianificazione, ovvero dello “schema” (termine che ha stessa radice etimologica di “sacro”), che è “forma” ma anche “dare forma”, all’interno di uno “spazio di rappresentazione” (che è altra definizione di “territorio”).  Il testo svolge il tema proposto in uno spazio definito (quello che l’autore definisce la “bioregione” dei Nebrodi), che però diventa universale approccio per le cosiddette “aree interne”, di cui molto si parla ma poco si comprende quale ruolo strategico esse abbiano nella costruzione di uno sviluppo (veramente sostenibile) culturale, sociale ed economico. Il testo non ha però un “tempo” definito. Non riguarda un piano od un progetto (“la dimensione fisico-spaziale che caratterizzava la pianificazione … è naturalmente stata assorbita e travolta da fatti nuovi ovvero da questioni molto più complesse del vivere urbano …”, afferma l’autore), ma un processo (in continua evoluzione) di interpretazione / gestione costituita da persone, tecnici, amministratori … tutti alla ricerca corale di un “posizionamento” di una comunità nell’ottica dell’auto-sostenibilità, raggiungibile solo con il pensiero / lavoro della comunità stessa: “… in un certo senso il planner diventa attivista, in alcuni casi social planner”. E Pidalà dimostra non solo di conoscere questi luoghi, ma anche di “condividerli”.  Una vera chicca alla fine del libro: una lunga conversazione dell’autore con Vittorio Gregotti.

Edito da FrancoAngeli nella collana Urbanistica. Sottotitolo: “Visioni e scenari per territorio e comunità”. Recensione di Alessandro Calzavara.

Definire cosa sia l’urbanistica appare (specialmente ai nostri giorni) una cosa ardua, perché parliamo di una merce rara, soffocata dalla produzione di piani che, per eterogenesi dei fini, diventano l’oggetto in cui il soggetto stesso svanisce. Si tratta di un meccanismo che si inquadra in quel processo di de-territorializzazione e ri-territorializzazione su cui A.M. Pidalà lavora nel suo “Alla ricerca dell’auto-sostenibilità – Visioni e scenari per territorio e comunità”, un meccanismo su cui sarebbe opportuna una più attenta riflessione. Come si comprende già dal titolo, si tratta di un lavoro complesso e composito, ricchissimo di materiali, valutazioni, riflessioni, con un importante apparato iconografico che (tutt’altro che di contorno) permette di cogliere l’importanza di una delle armi fondamentali della pianificazione, ovvero dello “schema” (termine che ha stessa radice etimologica di “sacro”), che è “forma” ma anche “dare forma”, all’interno di uno “spazio di rappresentazione” (che è altra definizione di “territorio”).

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AA.VV., "Diritti in città: gli standard urbanistici in Italia dal 1968 ad oggi"

(di Daniele Rallo)

Gli standard urbanistici è uno dei temi della trilogia classica (1)  con cui venivano costruiti i piani, assieme al dimensionamento e allo zoning, della prima famiglia di strumenti urbanistici, dal dopoguerra agli anni 80 circa. Il dimensionamento degli standard (la ragioneria urbanistica) rimane però ancora in alcune Regioni, soprattutto meridionali, uno degli elementi di valutazione del progetto di piano. Nonostante siano da stati dichiarati superati ed obsoleti rimangono tutt’ora vigenti (2) e tutte le leggi regionali di “governo del territori” le hanno confermati anche se con modalità diverse. Per esempio la recente legge urbanistica (n. 24/2017) della Emilia Romagna da una parte rimanda tout-court al D.M. del 1968, dall’altra specifica che il piano deve essere dimensionato su 30 mq per abitante “effettivo”, cioè “reale” contro il “teorico o equivalente” (100 mc).

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Salvatore Salvago, "Aree inedificabili e indennità di espropriazione"

(di Daniele Rallo)

La tematica dell’esproprio nel nostro Paese ha una lunga storia. Esattamente parte nel 1865 con la legge n° 2359, conosciuta come Pisanelli. Sono passati più di 150 anni ma i principi fissati allora li ritroviamo nel “recente” Testo Unico per le espropriazioni approvato con Decreto del Presidente della Repubblica nel 2001 (D.P.R. n° 327/01).
Salvatore Salvago, già Presidente della Prima Sezione Civile della Suprema Corte di Cassazione, ripercorre tutta questa storia passando per la Legge Urbanistica n° 1150 del 1942 (tutt’ora vigente) per la Legge n° 865 del 1971, alle vicende del Valore Agricolo Medio (V.A.M.), alle sentenze della Corte Costituzionale, per approdare, alla fine di questo viaggio, alla “restaurazione della legge fondamentale del 1865” (titolo dato dall’autore al cap.16.4).  

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Marina Dragotto, "A chi serve la città"

(di Daniele Rallo)

Scrivere una recensione parlando di Marina Dragotto è molto difficile. E’ molto difficile perché è impossibile non ricordarsi il suo sorriso. E’ impossibile pensare che non potrà risponderti e intavolare un discorso-critica con te. E’ impossibile ma doveroso. Marina era super attiva. Non si fermava mai. A chi serve la città è un libro-intervista con Federico Della Puppa. Marina e Federico sono due Urbanisti. Marina perché ha frequentato la scuola di Astengo e lì si è laureata. Federico, pur essendo un forestale, è considerato de-facto un Urbanista in quanto ha sempre lavorato su temi di economia territoriale.

 

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