DDL quadro in materia di valorizzazione delle aree agricole e di contenimento del consumo del suolo /2012
Pubblichiamo il commento del Dott. Urb. Silvano Dalpasso, componente il Consiglio Nazionale dell'Associazione Nazionale Urbanisti -”ASSURB”- al DdL. come esposto nel testo divulgato.
Il commento suddetto vuole essere un contributo al dibattito che si ritiene indispensabile sull'argomento oggetto del DdL. L'estensore lo mette a disposizione dell'ASSURB e a quanti, con spirito costruttivo, intendano contribuire affinché una normativa così importante nel settore squisitamente urbanistico sia espressione di una vera partecipazione sociale alla sua formazione per l'assetto di una parte qualificante del territorio.
Il commento si svolge sulla sequenza del testo, della Relazione Illustrativa e sulla Analisi di Impatto della Regolamentazione (A.I.R.) seguendo la successione degli articoli e dei punti che sono indicati all'inizio del commento.
Commento-al TESTO del DDL.
Art. 1 – Finalità e ambiti = Il testo espone in forma chiara, precisa e condivisibile i principi fondamentali e le finalità.
Art. 2 .- Limite al consumo del suolo.
Punto 1= Principio del “riuso”. Perfettamente condivisibile la volontà di dare finalmente forma normativa al principio in campo
ambientale già esposto nei primi anni '90 al Corso di Laurea in PTU a Venezia, che si può indicare con il motto allora
espresso “uso e non consumo”.
Punto 5 = Limite all'estensione massima della superf. agric. edificabile (S.a.e.) consentita nel quadro del Piano Paesaggistico.
commento- Per la sua chiara indicazione si impongono due condizioni basilari: -prima, una seria analisi dei siti (che non sono tutti uguali) in forma propedeutica su basi sia scientifiche (e quindi paesistiche) che sociali e culturali storicamente consolidate, analisi che nel loro insieme contribuiscono a definire l'AMBIENTE e quindi il Paesaggio; -seconda, una corretta comunicazione e informazione per una proficua forma democratica di partecipazione sociale “ex ante”, aperta anche alle varie categorie professionali, come contributo positivo nella fase delle scelte. Solo in questa forma possono scaturire opzioni condivisibili da introdurre nella normativa.
Su questi principi L'ASSURB si propone per una valida collaborazione in seno alla Conferenza delle Regioni e delle Provincie Autonome, anche giusta quanto disposto nelle norme Europee –( Dir. CEE 42/2001).
Art. 4 - Misure di incentivazione.
Punto 1 = Importante, e per la prima volta evidenziata, la possibilità di avere priorità per concessione di finanziamenti ai Comuni e Provincie che intendono procedere ad interventi di “conservazione ambientale”.
Questa condizione (che si auspica estesa anche al privato) può quindi permettere la redazione di progetti non solo di carattere edilizio, ma anche di fruizione con ripristino, ricostituzione e tutela di ambiti storici, vegetazionali e/o geologici di particolare valore da inserire nel piano paesaggistico come valore aggiunto nell'economia del luogo.
Commento alla RELAZIONE ILLUSTRATIVA.
L'inizio evidenzia il concetto, condivisibile, già espresso in precedenza con il termine “uso e non consumo”.
Fra le finalità della proposta di legge viene ora considerata, a mio avviso giustamente come peraltro aveva evidenziato da tempo la parte più avanzata delle moderne correnti urbanistiche (anche con relazioni e articoli pubblicati), la necessità di operare al fine di evitare futuri interventi rimediali per gli effetti di scelte di piano non adeguatamente soppesate in sede di analisi.
Tali considerazioni garantiscono, come dichiarato, una condizione di equilibrio nell'assetto del territorio. Esse sono condivisibili perché contribuiscono anche all'assetto sociale ed economico come condizioni per uno sviluppo sostenibile.
Art. 1 = Necessità di proteggere “spazi naturali” e “del paesaggio” in aree rurali.
Commento=Si concorda con queste intenzioni, anche se evidenziano concetti obsoleti che le indeboliscono. Ne è un esempio il persistere ancora dell'uso del termine “naturale” che in un'area agricola (o rurale) non esiste essendo essa uno spazio più o meno artificiato e quindi per niente naturale nel senso biologico (e autentico) del termine.
Forse sarebbe più corretto usare in tali casi il termine “relitti testimoniali”, che comunque rappresentano pur sempre valori paesaggistici di pregio da tutelare senza richiedere rigidità normative.
Art. 2 =Viene definito il Piano Paesaggistico come “Piano di Area Vasta” nel nostro ordinamento in grado di dettare “le invarianti” dei processi di trasformazione del territorio.
Commento= La collocazione nel nostro ordinamento urbanistico del Piano Paesaggistico di cui si discute come “Piano di Area Vasta” non è corretta, e non si conosce quale normativa lo abbia certificato.
L'equiparazione, sia pur sollecitata da lodevoli intenti quali l'incremento delle risorse alimentari, forse si rifà a considerazioni attuali e contingenti essendo ormai, e da tempo, la questione ambientale (e quella paesaggistica per ovvia discendenza naturale.) una costante nel dibattito internazionale che non può essere sfuggito.
A parere del sottoscritto non è corretta per il semplice fatto che un Piano Paesaggistico, codificato dalle disposizioni del D.Lsv. N° 42/2004, ora viene prodotto “ex post” e non “ex ante” le varie pianificazioni urbanistiche approvate ed attive. E' questa una condizione che non può ora, per sua natura temporale, fissare le “condizioni propedeutiche” per uno sviluppo sostenibile di assetto territoriale tipiche di un Piano di Area Vasta che appunto in tale funzione assume la qualifica cogente di Piano delle condizioni.
Per gli scopi lodevoli esposti occorre, a mio parere, una piccola rivoluzione nel campo della produzione di strumenti urbanistici che può essere rappresentata dai piani della quarta generazione già evidenziati durante i corsi di studio presso la facoltà di Urbanistica di Venezia (PTU) dalla fine anni '80 : i Piani Territoriali Paesistici Ambientali (PTPA) di analisi e sintesi progettuale interdisciplinare su area vasta propedeutici a tutte le successive pianificazioni di settore. Non è mai troppo tardi per una opportuna rivisitazione secondo il ben noto e valido principio “conoscere per deliberare”.
Esempi di tali piani pubblicati esistono e sono anche presenti in biblioteche universitarie italiane e straniere (es. PTPA. Delta del Po-1990, presente anche presso la bibl. comm.ne amb. del Senato).
Solo con tali strumenti è possibile individuare quei particolari valori ambientali e vocazionali-produttivi sul territorio, le “invarianti”, da trasferire nei vari piani (anche quelli paesaggistici) come fase progettuale e proposta gestionale con relativa normativa.
Inoltre, alla fine, non è ben chiara l'intenzione dichiarata di “canalizzare i processi di trasformazione verso aree già urbanizzate”. L'argomento merita un sollecito approfondimento con dibattito per favorire la creazione di un processo veramente chiaro e certo.
Art. 4 = Si accenna alla “conservazione ambientale del territorio” con un unico riferimento al patrimonio edilizio rurale. Riferimento validissimo, ma non l'unico, e che oltretutto evidenzia ancora il persistere della vecchia e parziale attenzione all'edificato e all'edificabile. Per la “conservazione ambientale” sarebbe opportuno considerare anche altri elementi che con il patrimonio edilizio rurale contribuiscono a creare “valori ambientali” storici, sistemici, idrogeologici e idraulici degni di attenzione.
Sarebbe quindi opportuno, indicandolo, favorire il finanziamento anche di tutti quegli interventi di restauro e mantenimento dello stato fisico del suolo anche per evitare quegli interventi distruttori che, regolarmente autorizzati, sono oggetto di continue attenzioni di sfruttamento privatistico (cave di sabbia e spianamenti desertificanti) come avviene per paleo alvei, dune fossili consolidate, paleo litorali con testimonianze di vegetazione planiziaria. Non sono casi isolati, ma frequenti nel nostro paese così ricco di coste e corsi d'acqua.
Art. 6 = E' difficilmente accettabile la possibilità di ammettere, come indicato, la distrazione di parte dei contributi di costruzione per la copertura di “spese correnti” degli Enti. Se mantenuta non rappresenta certo una norma costruttiva.
Commento alla RELAZIONE sulla Analisi di Impatto della Regolamentazione – (A.I.R.)
SEZIONE 1 = Il contesto e gli obiettivi.
Punto A = Si dichiara che il quadro normativo vigente é privo di una disciplina specifica che abbia una visione globale ed omogenea del territorio e che il D.d.L.in oggetto introduce una disciplina nuova.
Commento=Intento vero ed apprezzabile ma, ora, anacronistico e comunque rappezzo tardivo perché dimostra, a parere dello scrivente, che il legislatore non ha voluto o saputo provvedere a quanto disposto dalla L .431/85 (legge Galasso). Essa, oltre al riferimento esplicito ai “valori paesistici ed ambientali” espressi nell'Art. 1/bis (valori determinanti da accertare per la redazione del piano paesaggistico), al suo Art. 2 dichiara che “le disposizioni per la tutela delle zone di particolare interesse ambientale.......costituiscono norme fondamentali di riforma economico-sociale della Repubblica”.
Si introduceva così l'idea riformista in campo urbanistico a livello politico-istituzionale affinché l'esecutivo ne tenesse conto.
Evidentemente l'idea riformista, pur introdotta da una legge primaria dello Stato, è stata superata da altre ritenute più utili.
Punto B =Carenze e criticità nella vigente situazione normativa. Riuso e non nuova edificazione.
Commento= A proposito della carenza normativa si evidenzia che le proposte del Ddl. intendono colmare il vuoto esistente. L'intento è condivisibile anche perché finalmente si assegna una valida considerazione al rapporto esistente fra le aree urbanizzate e le zone agricole circostanti e che finalmente vengono considerate come aree provviste di una propria identità culturale da valutare oltre al fattore “edificato”. In effetti non è solo la città un fatto urbano, ma lo è anche il territorio circostante che con essa interagisce.
Si ribadisce quindi la necessità di una più valida conoscenza dello stesso con adeguata analisi di tipo socio-ambientale ed economico-produttivo. Gli Urbanisti sono pronti.
Punto C = Freno al consumo del terreno a vocazione agricola.
Commento= Risulta condivisibile la necessità di incrementare le aree agricole produttive per rispondere coerentemente al fabbisogno alimentare che, anche a livello mondiale, rappresenta un problema notevole.
Fra altre, due sono le proposte che si possono avanzare a sostegno della produzione alimentare nel Primario. Una è incrementare il sostegno finanziario all'agriturismo che, con le eccellenti finalità socio-culturali espresse nell'Art. 1 della L. 730/85 (Disciplina dell'agriturismo) permette di incrementare, per le vere aziende agricole ed escludendo le tante surretizie, la produzione in loco delle risorse alimentari. Si concorrerà così maggiormente ad accrescere il reddito aziendale evitando l'esodo dal settore e, non ultimo, creando anche possibili occasione di lavoro . L'altra, che è possibile avanzare, è rappresentata da una apposita normativa che favorisca e, dove esistente, consenta di incrementare l'acquacoltura nel settore primario. E' una attività per la produzione di proteine nobili altamente ecologica e di buona redditività che vede nel mantenimento di un equilibrato e sano ambiente biologico l'unica ragione valida per garantire la sua continuità produttiva nel tempo.
L'alternativa è la sua scomparsa. Può convivere con l'agriturismo.
Punto D = Descrizione degli obiettivi (breve, medio e lungo periodo).
Nel testo viene ricordato che: a) il paesaggio è per l'Italia un valore unico e prezioso che va tutelato; b) si rende necessario promuovere la conservazione ambientale del territorio
Commento = a)= Forse qualcuno se ne era scordato. Qualcosa del genere ebbe a dirlo anche Benedetto Croce nella sua veste di relatore della innovativa L.778 del 11 giugno 1922 (Provvedimenti per la tutela delle bellezze naturali e degli immobili di particolare pregio storico) . Nella sua relazione Croce puntualizza l'importanza del valore sociale e culturale della “bellezza naturale ispiratrice di opere eccelse”. Non è errato individuare in tale considerazione il valore prezioso e continuamente moderno del “paesaggio”.
E' quindi apprezzabile che qualche tempo dopo, grazie anche al pressante e annoso dibattito nazionale (Facoltà di Urbanistica-PTU di Venezia, Associazioni culturali) e a qualche “imprevedibile” evento spiacevole, lo si ricordi anche a livello istituzionale. Ben venga.
b)= Sarebbe utile comprendere cosa significa per l'estensore della relazione la frase usata e la sua realizzazione operativa.
Conservare significa innanzi tutto conoscere le condizione di stato, attuali e pregresse, dell'aspetto emergente più caratterizzante nel territorio oggetto di conservazione ambientale (“l'invariante”) per garantirne l'assetto, senza decremento, nella sua gestione.
Occorre quindi, a mio parere, un'analisi dal vivo “sul” territorio (analisi che non è possibile ottenere solo da incontri e convegni in prestigiosi ambienti o da dati statistici) con la cointeressenza attiva degli attori che agiscono nel settore rurale. Non solo agricoltori (che non sono i contadini di vecchia e riduttiva considerazione), ma anche attori del campo scientifico coordinati nell'urbanistica ambientale. Solo con tale metodologia partecipativa si potrà contribuire a formare/consolidare l'ambiente sociale e culturale del settore garantendo una valida pianificazione paesaggistica, una sana gestione sull'uso del suolo agricolo e una produzione di assetto nel Primario.
L'Associazione Nazionale Urbanisti -ASSURB- è pronta fin da ora a dare il suo contributo.
=Previsioni nel lungo periodo. (parte finale punto D).
Si accenna alla necessità di una maggior tutela dell'assetto idrogeologico dell'intero paese. A parte le frane e i disastri, a parte quanto hanno da sempre detto- inascoltati- i geologi e la parte più avanzata della moderna cultura urbanistica universitaria (Venezia, Firenze, Calabria), se nessuno lo sapeva ora finalmente si sa.
Si spera anche che la parte della classe politica, professionale e amministrativa estranea alle responsabilità tragga insegnamento dagli eventi per una riconsiderazione coerente sul preciso ruolo sociale che compete agli attori della programmazione urbanistica sul territorio.
Anche con l'attenzione alla giacitura dei suoli come parametro fondamentale per una sua valida pianificazione urbanistica di assetto anche idrogeologico e paesaggistico.
Troppo spesso si constata come il parametro “quote” sia la struttura assente (ricordando il pensiero di Umberto Eco) nelle varie presentazioni di Piani Urbanistici/PAT. spesso impropriamente definite “fase di concertazione” dove non è possibile concertare nulla perché avvengono “ex post” la definizione del piano.
Anche il mancato doveroso controllo previsto (L. 10/77, Art.1- L.431/85, Art.1-penult.cpv.), troppo a lungo tollerato, sui movimenti di terra nelle zone agricole anche di pregio (grandi spianamenti, anche di relitti testimoniali dunosi storici e di valore ambientale, con colpevole modifica della rete scolante) ha prodotto come conseguenza un aggravio delle condizioni di equilibrio idraulico con le disastrose conseguenze economiche e sociali che sono accadute.
Su questi aspetti deve puntare l'attenzione il decisore politico (e con lui i suoi collaboratori-relatori) rendendo onore a quell'auspicato riformismo economico e sociale nella gestione del territorio, compreso quello agricolo che non è residuale, indicato strategicamente nell'articolo 2 della Legge 431/85.
SEZIONE 2 = Procedure di consultazione.
Sull'argomento “consultazione” viene evidenziato in forma generica che sono stati indetti due convegni (uno alla Camera dei Deputati) alla presenza di Enti, organizzazioni agricole e associazioni ambientaliste con osservazioni e commenti al testo proposto.
SEZIONE 4 = Valutazione delle opzioni alternative.
Viene dichiarato che dalle consultazioni non sono emerse opzioni alternative praticabili rispetto al testo proposto che viene dichiarato condiviso. Da chi non è dato sapere.
Commento=Si ha tutta l'impressione che tutto (avvenimenti e unanimità) sia avvenuto con notevole fretta e senza la dovuta informazione e comunicazione per una valida e qualificata partecipazione collegiale.
Non risulta che siano stati consultati o quantomeno invitati gli Urbanisti come laureati specialisti che, per merito della loro Associazione Nazionale (ANU ora ASSURB), hanno ottenuto identità e dignità professionale nazionale con Sentenza del C.d.S. 1087/1996 Sez. 4^ in sede legiferante. Essa, nella motivazione, segnala agli Enti Pubblici (e in capo a tutti al Governo) gli Urbanisti come liberi professionisti particolarmente meritevoli di essere considerati e incaricati come specialisti nella disciplina della pianificazione urbanistica. Tenerne conto è un dovere e un diritto. Eppure il problema oggetto del D.d.L. di cui si discute è specificatamente urbanistico di carattere territoriale e una adeguata pianificazione e programmazione anche normativa avrebbe bisogno di una più ampia discussione con dibattito con tutte le categorie specialistiche del settore. Sopratutto in relazione alla questione centrale che è quella della “produttività agricola” con limitazione del consumo di suolo agricolo in un comparto che ha nell'equilibrio ambientale la parte centrale e qualificante dell'obiettivo che la Legge si prefigge di raggiungere :
la produzione di maggiori energie alimentari in un paesaggio salvaguardato come valore sociale, culturale ed economico.
Prof. Dott.Urb. Silvano Dalpasso
componente del Consiglio Nazionale degli Urbanisti