La pianificazione territoriale urbanistica paesistica e ambientale come fase propedeutica ad ogni successiva azione
di Silvano Dalpasso
Intervento al convegno di studi “Itinerari scientifico-tecnologici: Viaggio nel Delta del Po, il polmone verde d’Italia”, Bologna 31 ottobre 2018.
Nel prendere la parola in questa prestigiosa assemblea mi sia consentito di esprimere il mio profondo ringraziamento al Presidente dell’Accademia Prof. Trifirò e al coordinatore del Convegno Prof. Zanirato per avermi chiamato a relazionare in questa occasione.
Ringrazio anche l’Arch. Imbeni, coordinatore del gruppo di studio del Manifesto per il Po -con il quale collaboro come delegato dell’Associazione Nazionale Urbanisti -ASSURB-, per avermi indicato loro rappresentante per un intervento su argomenti comuni che il titolo del convegno indica.
1= Premessa (*)
(*) (Nota = Il presente capitolo è stato inserito ed esposto in aggiunta alla mia relazione al termine dell’ascolto degli illustri relatori che mi hanno preceduto).
Chi mi ha preceduto ha illustrato, con dotte e interessanti relazioni specialistiche, “cosa fare” in relazione ai temi indicati, ma non ha posto l’accento sul “come fare” su un territorio oggetto di indagine e particolarmente su quello specifico del Delta del Po indicato dal convegno.
Con il mio intervento tenterò di indicare quale, a mio parere, potrebbe essere la risposta.
1.1= Considerazioni generali
I temi del convegno sono da anni oggetto delle mie ricerche rivolte alla necessità di individuare
un nuovo significato “ideologico” della gestione del territorio.
Esso si identifica, a mio parere, in una moderna pianificazione urbanistica da intendersi come:
“una disciplina coordinatrice di valutazioni scientifiche pluridisciplinari e pluritemporali a livello territoriale, e per ciò costantemente moderna, prodotte in forma propedeutica ad ogni sintesi pianificatoria di assetti sostenibili su aree più o meno vaste”.
Il tutto nella ferma convinzione che non è solo la città un fatto urbano, ma lo è anche il territorio che con essa interagisce. Creando quindi anche le condizioni per itinerari scientifico-tecnologici.
1.2= Un esempio progettuale
Ne è dimostrazione metodologica, pur perfettibile, la mia pubblicazione urbanistica
Piano Territoriale Paesistico Ambientale del Delta del Po - dall’Adige al Volano”,
prodotta negli anni 1986-88, e pubblicata nel 1990 con le prefazioni dei Proff. Cervellati e Ciccone. Essa è diffusa in Italia e all’estero come esempio di una moderna e più coerente pianificazione urbanistica territoriale a carattere ambientale, emersa e sviluppata, come corrente di idee, dalla “Scuola di Venezia” (CdL in PTU – IUAV) nella seconda metà anni ‘80 ad opera, fra altri, dei Proff. PierLuigi Cervellati, Giuseppe Abbate, Stefano Boato, Edoardo Salzano, Filippo Ciccone.
Essa ha una superficie di analisi di circa 1.000 kmq. con superficie di piano di 778 kmq., compresi in parte sia nel Veneto (ca. 78%) che in Emilia-Romagna (ca. 22%).
Non sono stati considerati i limiti amministrativi del territorio interessato, poiché il fatto avrebbe posto limiti notevoli al valore unitario del piano. Anticipando, come ha sottolineato il Prof. Ciccone nella sua presentazione, la sua utilità in relazione alla successiva Legge 183/89 sui Piani di Bacino.
È presente in biblioteche di Istituti Universitari Italiani ed esteri (Manchester, Monaco (D), Berkeley), della Comm.ne Ambiente del Senato, ed è stata considerata dalla Regione Veneto per la redazione del Piano di Area del Delta del Po indicandola espressamente nella relazione al Piano.
2= Argomenti del Piano in relazione al tema del Convegno
In esso indico tre obiettivi, a mio parere fondamentali, che danno nuovo significato riformista all’Urbanistica nella sua funzione programmatoria di assesti con benefici diffusi.
Essi sono : “La questione ambientale”, “Il Piano partecipato”, “Lo sviluppo sostenibile”.
2.1= La questione ambientale
Nel piano, redatto 30 anni fa, assume carattere strutturante “la questione ambientale” diventata ormai una costante anche nel dibattito internazionale. Essa contiene al suo centro il valore “ambiente” inteso come SUPPORTO FISICO + UOMO + TEMPO. Riveste preciso carattere scientifico pluridisciplinare e pluritemporale e quindi in linea con il tema del convegno.
La sua analisi-ricerca sul territorio interessato è utile per poterlo leggere e conoscere nel suo ordito genetico, anche con le moderne tecnologie di rilievi multispettrali dallo spazio.
E da questa far emergere quelle particolarità fisiche (paesistiche-naturalistiche), produttive e vocazionali, che lo caratterizzano nella sua condizione di stato, compresa quella particolare cultura rurale che, rispettosa dei parametri biologici che la guidano, ancora permea ogni forma di attività sociale e produttiva sia nell’agricoltura specializzata che nella pesca e vallicoltura-mitilicoltura. Per queste ultime con fatturati da grande azienda nazionale. Un possibile itinerario scientifico.
Esse costituiscono le “invarianti” da considerare come elementi fondanti che, fin dal loro apparire, diventano fase progettuale e proposta gestionale da esporre in un piano di assetto del territorio dove la sua conoscenza diventa costante garanzia di tutela. Anche per i necessari monitoraggi.
Considerazione valida anche per identificare itinerari sia scientifici che storico-artistici-ambientali aventi tutti una vivace funzione aggregante culturale e sociale.
Un “piano delle condizioni” con le funzioni effettive di “piano di coordinamento”. Per usare una similitudine “la cartella clinica del territorio” utile per programmare, con metodo epistemologico, ogni successiva azione pianificatoria rivolta al suo uso e non al suo consumo.
2.2= Il Piano partecipato. Informazione, partecipazione e discussione.
Il tutto risponde, nella rinnovata pianificazione urbanistica che propongo, specialmente su area vasta come appare dal mio lavoro, ad un principio indiscutibile:
“Ogni proposta di sintesi pianificatoria urbanistica non può prescindere dalla preventiva analisi, informazione e discussione sui presupposti conoscitivi la cui considerazione legittima, ed essa soltanto al di sopra di interessi di parte, la portata generale del Piano”.
Aggiungo anche:
“Non disgiunta in essa da apposita normativa rispondente a quell’Etica del discorso (evidenziata nel 1985 dal filosofo-sociologo tedesco Jürgen Habermas) che esige per la comunicazione la verità e comprensibilità senza condizionamenti esterni o interni. Il “conoscere per deliberare”, secondo un’Etica pubblica da rinvigorire in un momento di partecipazione sociale.
Il termine “discussione” che ho introdotto ha una sua precisa valenza.
Esso richiede una corretta informazione, che ha perciò carattere squisitamente politico, rivolta ad una cosciente partecipazione del cittadino fruitore con suo conseguente consenso o dissenso espressi ex ante alla definizione dei processi pianificatori. Lo esige oggi anche la Direttiva Europea 42/2001 CEE sulla Valutazione Ambientale Strategica di Piani e programmi.
Si avvalora così nel cittadino la consapevolezza di essere non più oggetto, ma soggetto attivo e partecipe del proprio sviluppo. Consapevole anche dei possibili benefici individuali.
Il tutto rivolto a quel “piano partecipato”, maturato nelle mie considerazioni con l’incitamento del Prof. Giuseppe Abbate, come “unica matrice attendibile di qualità ambientale sostenibile”.
Non più piani uguali per realtà disuguali. Il vestito su misura. Anche così si creano interessi per itinerari che possono essere motivo di crescita sia economica che sociale.
2.3= Lo sviluppo sostenibile
Solo con quanto precede, a mio parere, si può agire verso quel neologismo del quale tutti parlano:
lo sviluppo sostenibile.
Esso significa che i processi di sviluppo e di insediamento sociale ed economico devono essere compatibili con la qualità ambientale, che va protetta, ed essere in grado di sostenere essi stessi, e non la comunità, il costo senza compromettere la propria competitività.
Con la consapevolezza che la protezione degli stati ambientali sta nel progettarli nel riuso compatibile passando dalla “risposta” a sollecitazioni esterne, spesso interessate a prescindere, alla “proposta” di interventi produttivi compatibili con apposita normativa pronta a favorirli.
Questo, a mio parere, rappresenta la vera sintesi-struttura per una gestione sostenibile nel tempo.
È un concetto di riforma che è tempo di considerare nella nuova Pianificazione Urbanistica di area più o meno vasta. Certamente con esso dovremo sempre più fare i conti. Anche perché è entrato fra i compiti istituzionali dell’esecutivo con la Legge 431/85 (Legge Galasso) che nel suo art. 1/bis ne indica precisamente la valenza di “...riforma economica e sociale della Repubblica.”
E quand’anche ciò comportasse un incremento di spese esse non devono essere considerate un costo, ma un investimento altamente produttivo a favore della qualità nella gestione del territorio.
Al decisore politico ciò non deve sfuggire, ravvisando nella sua applicazione riformista il valore aggiunto della “qualità ambientale” come unica e sicura moneta pagante. Anche in politica.
3= Conclusioni
Quanto esposto rappresenta un contributo per una possibile riforma urbanistica non ancora avvenuta. Una riforma dove gli aspetti emergenti dalle analisi scientifiche, economiche e sociali coordinati nella pianificazione territoriale urbanistica contribuiscono alla formazione di assetti ambientali, economici e sociali sostenibili su ogni territorio. L’etica pubblica lo impone.
Anche promotori di mirati itinerari scientifico-tecnologici di sicuro interesse anche economico. Vedi per l’area in oggetto il settore “valli da pesca-molluschicoltuta” altamente produttivo.
Con la speranza che contribuisca, nel suo operare, a far valere nella nostra società quel concetto weberiano che individua il benessere individuale in quello collettivo esaltando così non solo la democrazia politica, ma anche quella sociale che della prima non è meno importante.